martedì 30 agosto 2011

La danza delle belle di notte

"Beautiful Thing", di Sonia Faleiro
INDIA - Il mondo torbido e molto poco sensuale delle danzatrici dei locali notturni (dance-bar) di Mumbai (Bombay) - da poco messi fuori legge dal governo dello Stato del Maharashtra - raccontato in un eccezionale libro-reportage, con la grazia spietata e la sensibilità che spesso solo una scrittrice donna può avere per questi argomenti. Parliamo di “Beautiful Thing”, l’ultima opera della giovane giornalista e autrice Sonia Faleiro, pubblicato in India nel 2010 e finalmente arrivato - da pochi giorni - anche nelle librerie europee (in Gran Bretagna, per il momento). Il volume, una devastante autopsia del corpaccione ipocrita della morale pubblica indiana, nasce dall’incontro di Sonia, donna colta della vibrante classe medio-alta indiana, con la teenager Leela, povera entraîneuse semi-analfabeta di uno dei tanti sordidi bar della notte di Mumbai, dove il confine tra spettacolo, voyeurismo e prostituzione era (è) tanto labile quanto le credenziali democratiche di questo immenso Paese-continente. Il racconto comincia nel 2005 nella stanza da letto di Leela, dove le due donne iniziano una conversazione sulla vita e sul “mestiere” che le porterà a svelare ai lettori tutto quello che ruota intorno alle esistenze di queste danzatrici, i sogni d’arte, il commercio, la violenza, le umiliazioni da parte di protettori, clienti e poliziotti. Questo primo incontro di Leela con la scrittrice è molto intimo, fin dalle prime battute, ma non è per nulla privato: accanto a loro, infatti, pesantemente addormentato nel letto della prostituta-ballerina, c’è uno dei tanti “kustomer” (clienti) della ragazza. “Beautiful Thing”, attraverso le vicende di Leela e delle sue sorelle (spesso anche hijra, uomini transgender), ci porterà a “vivere” le notti, gli incontri nei locali di Mumbai, dove la danza - spesso solo uno schermo per la professione più antica del mondo - viene vissuta dalle ballerine come momento di riscatto dagli abusi subiti nei villaggi rurali dai quali quasi tutte sono fuggite per cercare un’illusione di notorietà e di ricchezza nella megalopoli. Fino all’epilogo della “liberazione” per legge, con la chiusura dei bar-postribolo, che rigetta sulla strada le ragazze, trovatesi improvvisamente indipendenti ma esposte più di prima ai ricatti del mondo (maschile). Ricco di dettagli, e scritto in un linguaggio che rispecchia la neolingua inglese parlata nei bassifondi di Mumbai (“bijniss” per business; “hensum” per handsome, per fare qualche esempio), il libro apre una finestra sconvolgente (per noi occidentali e per chi, tra noi, non abbia visitato questi luoghi o ancora letto altri esempi di letteratura dei bassifondi indiana) su uno dei mille mestieri della “grande fiera segreta” del sesso dell’India. Quest’ultima fatica di Sonia Faleiro (che aveva già contributo con i suoi reportage all’antologia “AIDS Sutra”) è stata accolta dalla critica britannica (ma anche dal New York Times e dal Wall Street Journal) con lodi sperticate e sicuramente meritate.

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