mercoledì 24 agosto 2011

Le schiave e la Memoria

Una donna filippina, ex schiava dei giapponesi
FILIPPINE - La tragica vicenda delle ianfu, le “donne da conforto” (o, più propriamente, schiave sessuali) dell’Esercito Giapponese ŗesterà per sempre una delle pagine più nere della nerissima storia dell’occupazione militare nipponica dell’Asia del SudEst, durante la Seconda Guerra Mondiale. Nei lunghi anni del conflitto sul fronte orientale, da 20 mila (stime al ribasso degli storici revisionisti giapponesi) a 400 mila (stime cinesi) bambine e giovani donne dei Paesi asiatici caduti sotto il controllo militare imperiale vennero fatte prigioniere e costrette a lavorare come schiave nei bordelli aperti per le truppe del Sol Levante. Le sopravvissute a quelle atrocità scientificamente organizzate dai leader militari e poi sempre negate anche dopo l’avvento della democrazia a Tokyo, sono oggi anziane, ma molte di loro ancora si battono per chiedere che il Giappone ammetta le proprie responsabilità. Associazioni, gruppi, fondazioni spesso guidate dai figli delle ianfu, sono sorti in ogni Paese dell’Asia e molti libri sono stati scritti per documentare questo tragico esempio dell’uso del sesso come arma di guerra in Asia (una pratica che continua tutt’ora, in alcune aree di conflitto, come il Nord della Birmania). Alcune ex schiave ancora oggi partecipano a dimostrazioni e sit-in, per domandare giustizia, di fronte a ambasciate e rappresentanze giapponesi. I loro volti, i loro racconti e le loro lacrime sono prove inoppugnabili dell’orrore subito, testimonianze che colpiscono e scuotono le coscienze di chi ha la possibilità di incontrarle, poiché il pubblico asiatico è molto poco informato o spesso, come in Giappone, è tenuto volontariamente all’oscuro di questo vergognoso e imbarazzante capitolo della Storia della regione. A distanza di 76 anni dalla fine del conflitto mondiale, queste donne coraggiose sono ormai rimaste in poche e la loro voce rischia di scomparire nell’oblio. Per cercare di tenere viva la memoria, si moltiplicano in questi ultimi anni iniziative educative, come l’apertura di musei online, mostre fotografiche itineranti, e la raccolta di interviste audio e video alle ultime sopravvissute. Nelle Filippine, Paese che versò un pesante tributo alla maniacale sete di schiave dell’Esercito giapponese - ma nel quale la prima testimonianza pubblica venne alla luce solo nel 1992 - è stato da poco completato un documentario che racconta le storie di alcune decine di loro. Il video, di un giovane regista giapponese che risiede nelle Filippine, è intitolato “Katarungan! Justice for the Lolas” (‘lola’ significa nonna, in lingua Tagalog) e raccoglie le parole e le ultime immagini di queste donne, oggi ultra-ottantenni, che hanno avuto il coraggio di vincere la vergogna delle proprie famiglie e lo stigma sociale e uscire allo scoperto.

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