martedì 30 agosto 2011

Il Punto Rosa di Singapore

SINGAPORE - Vedere la vita in rosa non è proprio sempre cosa facile, soprattutto se non si appartiene alla cultura e alla morale dominanti del proprio Paese e ogni giorno si subiscono piccole e grandi discriminazioni. Ne sanno qualcosa i “diversi” di ogni genere, razza e religione un po’ in tutta l’Asia, dove i condizionamenti sociali e lo stigma portato da chi non rientra nei canoni prevalenti sono ancora molto pesanti. Vedere rosa a Singapore può essere un poco più semplice, perché la piccola città-Stato dell’Asia del SudEst è uno dei territori proporzionalmente più ricchi del continente e la sua popolazione gode di tanti privilegi (ottimi livelli di istruzione, libertà di movimento, informazione) e di qualche importante diritto civile (soprattutto in tema di eguaglianza razziale e linguistica), anche se nel quadro di un sistema politico ancora di fatto monopartitico, conservatore e autoritario. La scelta di chiamare “Pink Dot” (punto rosa) una delle tante iniziative di liberazione e progresso nate spontaneamente in questi ultimi anni dalla vibrante società civile singaporese appare dunque un fondato (e facile?) inno all’ottimismo oltre che, ovviamente, una scelta cromatica poco controversa e “politica” e un chiaro riferimento al tema della battaglia dei suoi organizzatori, attivisti e simpatizzanti. Pink Dot SG è un movimento per il diritto alla felicità e alla non discriminazione nato in seno alla corposa comunità LGBT di Singapore, con lo scopo di “sostenere la libertà di amare”, sfidando i tabù esistenti e puntando alla riforma delle leggi sulla famiglia e la libertà di genere. Una battaglia fatta portando i propri messaggi - sempre moderati nella forma ma decisi nella sostanza - nelle piazze virtuali (Singapore è ai primi posti nel mondo per l’uso sociale di Internet) e in quelle reali (i singaporesi raramente manifestano le loro idee nelle strade, anche a causa di severe limitazioni in nome dell’ordine e della “quiete pubblica”). Nato solo pochi anni fa, il movimento ha ottenuto subito l’adesione di famosi esponenti del mondo artistico anche eterosessuale di Singapore e ha trovato una sponda anche nei piccoli partiti dell’opposizione politica democratica (che solo da quest’anno ha una sparuta rappresentanza di 6 deputati in Parlamento). Molto attivo sul web, con un proprio sito internet (vedi link nella colonna a fianco) e sostenuto da popolarissimi bloggers come l’insegnante di etnia cinese Otto Fong, (link a fianco), Pink Dot SG ha trovato simpatia e appoggio anche nella comunità degli affari, generosa di donazioni alla causa e di sponsorizzazioni. Come quella, clamorosa, offerta nel 2011 da Google Singapore all’ultimo grande (per gli standard dello Stato) raduno dei simpatizzanti del movimento, convocati nell’unico spazio cittadino aperto ai comizi e alle manifestazioni politiche, lo Speaker’s Corner del piccolo ma centralissimo Hong Lim Park. I 10 mila partecipanti al meeting, giunto alla sua terza edizione, tutti vestiti con indumenti rosa, hanno ascoltato gli appelli “alla liberazione” lanciati - con grande pacatezza tutta singaporese - da artisti, politici ed esponenti gay, e si sono poi stretti in un grande punto rosa, visibile da molti grattacieli del centro città. Le immagini e i discorsi della manifestazione, ripresa dalle televisioni e da migliaia di videocamere e telefonini, sono naturalmente finiti in tempo reale su YouTube, diventando una delle attrazioni più cliccate e scambiate sui computer dai giovani “rivoluzionari hi-tech” di Singapore.

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