sabato 29 ottobre 2011

Il Pappone sul Social Network

La foto del Profilo di Facebook dell'Agenzia 3C
MALAYSIA - L’esplosione di Facebook in Asia (168 milioni di persone possiedono un account) non poteva lasciare indifferente anche la fiorentissima industria del sesso a pagamento del Sudest del continente, area in cui risiedono il 57% degli utenti FB asiatici. Nessuna sorpresa, dunque, per la comparsa sul social network piú famoso del mondo di una pagina che offre giovani prostitute nella capitale malese Kuala Lumpur (più di una perplessità, invece, sui motivi dell’inazione dei censori di Facebook, di solito alquanto solerti). Titolare del nuovo account è una delle tante organizzazioni specializzate già attive su Internet con websites o blog semi-pubblici: la 3C (che starebbe per “Call-Choose-Cash”, cioè: chiama, scegli e paga), che si autodefinisce “L’Agenzia di Escort Numero 1 della Malaysia”. A pochi giorni dall’apertura, e grazie al passaparola e a un paio di articoli comparsi sui giornali di Kuala Lumpur The Star e Sinar Harian, la pagina-pimp di Facebook ha visto subito un piccolo boom di fan registrati (4.262 al momento in cui scriviamo). I dettagli personali di questi “sostenitori” non sono elencati, ma dai nomi e dalle foto di quelli tra loro che hanno osato esporsi per commentare i (non numerosi) post finora pubblicati dall'anonimo “Agente 3C”, si può facilmente giungere alla conclusione che l’idea abbia fatto breccia in un bacino di curiosi e possibili utenti tutti maschi, giovani e in maggioranza malesi (diversi anche i fan di altri Paesi asiatici). La Bacheca della pagina FB pubblica un certo numero di foto di ragazze - chiamate apertamente “prodotti” - di origine cinese, thailandese e indonesiana e il tariffario, diviso per origine etnica della ragazza e orari (1, 3 o 6 ore): si va dai 150 Ringgit malesi (34 euro) per un’ora con una ragazza thailandese, ai 700 Ringgit (160 euro) per 6 ore trascorse con una cinese. Indicata con una colorata infografica, in varie lingue (per possibili turisti sessuali in arrivo a Kuala Lumpur), anche la procedura per la trattativa: “Trovatevi una camera d’albergo; chiamateci, indicando dove vi trovate, il tipo di ragazza preferito e il tempo desiderato; un paio di ragazze si presenteranno in poco tempo. Dopo avere fatto la vostra scelta, pagate e divertitevi”. Un numero di cellulare malese (012959****) compare già nel titolo della pagina e viene poi ripetuto nei post. Se i potenziali utilizzatori del servizio desiderano farsi un’idea più precisa del tipo di “merce” in offerta, la sezione Info della pagina FB fornisce il link al sito web dell’agenzia 3C (un Blog), che pubblica molte foto esplicative. Detto della mancata reazione dei censori di Facebook, non stupisce invece quella delle autorità della Malaysia, Paese multi-etnico ma a maggioranza musulmana, dove la prostituzione è vietata per Legge, ma viene praticata quasi alla luce del sole, soprattutto a Kuala Lumpur. “Siamo al corrente dell’esistenza della pagina di Facebook”, ha dichiarato serafico il Vice-direttore del Federal Criminal Investigation Department (incaricato della repressione di vizio, gioco d’azzardo e società segrete), Abdul Jalil Hassan. “Ma finora nessuno è mai stato arrestato per avere offerto sesso su Internet”.

domenica 23 ottobre 2011

Giochi severamente proibiti

Sex toys di ogni forma, colore e dimensione
VIETNAM - Il Diavolo, si sa, si nasconde ovunque, e la camera da letto è uno dei suoi campi di battaglia preferiti, naturalmente anche in Asia. Per arrivarci, il Maligno può però prendere le strade più diverse e inaspettate, e celarsi perfino nelle valigie, nei pacchi postali e nelle borsette delle signore. Ne sanno qualcosa i poveri funzionari delle Dogane vietnamite, che da qualche anno si trovano a dover fronteggiare gli immaginifici e aggressivi tentativi di Belzebù di varcare le sacre frontiere della Patria utilizzando le sue ben note doti trasformistiche. Il Diavolo – informano alcuni preoccupati lanci dell’agenzia ufficiale Thanh Nien – sta tentando di entrare nel Paese comunista sotto mentite spoglie: un giorno si presenta travestito da vibratore elettrico, un altro da bambola gonfiabile e il giorno dopo da protesi di gomma. Tutti cosiddetti “giocattoli sessuali”, ormai abbastanza conosciuti e tollerati in Occidente, ma considerati dalle Autorità di Hanoi alla stregua di diabolici strumenti, diretti a diffondere tra le fila compatte dei cittadini comunisti uno “stile di vita debosciato” e decisamente contro-rivoluzionario. Secondo alcuni allarmati rapporti dei funzionari doganali, sarebbero infatti in forte aumento i casi di importazione di aggeggi “di piacere”, maschile e femminile, ritrovati sempre più spesso nei bagagli di turiste e turisti stranieri o di vietnamiti rientrati dall’estero, ma anche in pacchi postali in arrivo da oltrefrontiera, frutto di acquisti online o più semplicemente inviati ai residenti da amici che vivono all’estero. La produzione e l’importazione commerciale dei cosiddetti “sex toys” sono bandite già da tempo nel Paese del Sudest Asiatico. Ma il Diavolo ne sa sempre una più di un qualsiasi scaltro censore, e non smette mai di provarci. Gli ordini del Partito e del Governo, per quanto ideologicamente motivati, in Vietnam come in ogni altro Paese necessitano pur sempre di istruzioni e regolamenti di attuazione che, nel caso dei “sex toys, le Autorità di Hanoi avevano - fino a poche settimane orsono - fatalmente dimenticato di approvare (lasciando nella confusione i funzionari preposti alla salvaguardia delle frontiere). Come comportarsi, si chiedevano imbarazzati i pubblici ufficiali, quando sugli schermi dei raggi X dell’aeroporto di Hanoi o di Ho Chi Minh Ville compariva l’inconfondibile silhouette di un “dildo”; oppure, se da un controllo nel bauletto di una coppia di giovani turisti, magari in luna di miele, scappavano fuori manette coperte di pelouche rosa o misteriosi attrezzi borchiati di pelle nera, di indubitabile natura sado-maso? In attesa di delucidazioni dall’alto, i censori in divisa finora avevano cercato appigli nei regolamenti disponibili, che però menzionano esplicitamente solo l’ordine di sequestro per i “giocattoli pericolosi per la salute dei bambini” (difficile far rientrare i “sex toys” in questa categoria) o i “medicamenti nocivi” (non applicabile al caso in questione). Complicato anche invocare la proibizione del 2009 contro le “attività culturali” dirette a “minare lo Spirito nazionale”, perché troppo vaga e finora utilizzata solo per reprimere il dissenso politico e non anche quello di tipo sessuale. Per cercare di risolvere la questione, nei giorni scorsi la Direzione delle Dogane ha finalmente pubblicato il prontuario dell’oggettistica demoniaca (le agenzie, purtroppo, non riportano copia della lista ufficiale, che immaginiamo essere stata redatta dai massimi esperti del Governo) e ha chiarito che l’importazione dei “sex toys” è vietata in Vietnam “anche per uso personale”. D’ora in poi, i giochi erotici ricevuti per posta dovranno essere subito “ri-esportati” a cura dei destinatari dei pacchi, pena la distruzione da parte delle Autorità. E i doganieri avranno l'autorità di sequestrare ogni giocattolo sessuale scoperto nei bagagli dei viaggiatori. Ai quali, peraltro, lo Stato si impegna a restituire il materiale peccaminoso al momento dell’uscita dal Paese. Ai poveri funzionari delle Dogane il compito di rilasciare ricevuta, catalogare gli oggetti e conservarli, in condizioni di sicurezza, in luoghi appositamente attrezzati.