giovedì 8 settembre 2011

La Rivoluzione del condom cinese

Abito da sposa - Condom Fashion Show 
CINA - C’è un settore manifatturiero cinese che tira alla grande, fattura ogni anno milioni di dollari e contribuisce a rendere felici - letteralmente - milioni di clienti in patria ma soprattutto in Occidente, anche in questi ultimi turbolenti mesi di crisi. Parliamo dell’industria dei preservativi, tra le più vivaci del nuovo boom delle esportazioni del gigante comunista. Nonostante i problemi finanziari di Europa e America, il settore continua a espandersi, forse perché in tempi di crisi ci si rifugia nell’amore, o perché le coppie pensano due volte prima di procreare o, ancora, perché quando i soldi sono pochi ci si ricorda che il sesso è uno dei pochi divertimenti e momenti di socializzazione relativamente a buon mercato rimasti agli esseri umani. Considerati fino a non molto tempo fa di cattiva qualità e decisamente inclini a rompersi nei momenti meno opportuni, i condom cinesi hanno sfondato resistenze e barriere dopo l’ingresso del Paese nel WTO, guadagnandosi una nuova fama con strategie di marketing che li hanno fatti conoscere e apprezzare in tutti i continenti. Non vogliamo parlare qui del piccolo scandalo mediatico “mondiale” di qualche giorno fa, provocato dalle immagini di un reporter della compassata TV di Stato CCTV ripreso con in mano un microfono visibilmente protetto da un preservativo (si trattava di un servizio sull’ultima tempesta tropicale e il povero professionista aveva paura di bagnare l’apparato tecnico...). Ci riferiamo piuttosto alla fantasia e alla totale mancanza di inibizioni mostrata dagli strateghi dei brand cinesi nell’affrontare  non solo i concorrenti, ma anche e soprattutto nemici potenti come l’Ignoranza, il Pregiudizio e, in molti Paesi, la Religione. La società che guida questa agguerrita pattuglia di produttori cinesi e che meglio sta combattendo la guerra globale per l’affermazione del preservativo è la Guilin Latex Factory, orgogliosa proprietaria dei popolarissimi marchi “Gobon” e “Kungfu”, diffusi in 35 Paesi del mondo. Creata 40 anni fa dal Ministero Statale per l’Ingegneria Chimica, ma oggi divenuta una società autonoma di cosiddetto secondo livello del settore medico, la compagnia è diretta da un attivissimo CEO, il signor Tao Ran, e ha il suo quartier generale appunto a Guilin, forse la più romantica e pittoresca città cinese, sulle rive del fiume “Fiore di pesco”. I moderni stabilimenti della “Guilin”, che occupano un’area di 130 mila metri quadrati, danno lavoro a oltre mille dipendenti e producono ogni anno 700 milioni di condom, utlizzando 3 mila tonnellate di latex, con un turnover annuo di 20 milioni di dollari. La lista delle patenti nazionali e internazionali della Guilin (certificati ISO, CE europeo, GMP americano) e dei suoi committenti (Commissione Cinese di Stato per la Pianificazione Familiare, Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, ONG mediche) testimonia da alcuni anni la qualità del “prodotto”. Ma la notorietà su scala mondiale e il vero balzo in avanti nelle vendite, sono venuti più recentemente da alcuni grandi eventi sportivi, tra cui le Olimpiadi di Pechino del 2008 (80 mila condom distribuiti gratuitamente in poche ore al villaggio delgi atleti) e la Coppa del Mondo di calcio in Sud Africa nel 2010 (prodotto ufficiale, centinaia di migliaia di pezzi distribuiti ai tifosi dal Ministero della Sanità). Brillanti le tecniche adottate dalla Guilin per conquistarsi nuove commesse e spazi di mercato. Dall’adesione incondizionata ai principi fondativi delle Nazioni Unite per la lotta all’AIDS, con tanto di lettera ufficiale di Tao Ran, pubblicata online, nella quale la società si impegna anche a battersi “per i diritti umani e per i diritti dei lavoratori”; all'invenzione del “Condom Fashion Show” in occasione della 18esima edizione del “World Population Day” a Pechino. Dalle sponsorizzazioni ai blitz degli attivisti anti-AIDS (con enormi tende a forma di preservativo calate su palazzi e grattacieli); alla diversificazione dei prodotti (colori, forme, taglie e gusti), con l’invito ai clienti a “disegnare la vostra linea personale di condom.” Fino a una disinvolta strategia di PR su internet, con un moderno sito web (anche in inglese) con informazioni tecniche sull’uso dei preservativi, spiegazioni sui rapporti sessuali, anche omosessuali, e una breve Storia del Condom. Il tutto senza dimenticare le proprie origini e il dovuto omaggio all’unico, vero “Amministratore Delegato” di qualsiasi impresa cinese, come chiarisce la “Mission” della società, distribuita ai committenti, nella quale si ricorda a tutti, lavoratori e clienti, che i successi della Guilin sono dovuti alla "leadership del Partito e dei membri dell’Esecutivo, armati di un forte spirito esplorativo e delle idee politiche più avanzate.”

domenica 4 settembre 2011

Tette, rugby & motorette

Il logo della parata
NUOVA ZELANDA - I limiti della “decenza” sono al centro di una furiosa battaglia politico-legale in Nuova Zelanda, isola anglosassone e solitamente tranquilla del Pacifico, alla vigilia dell’attesissima Coppa del Mondo di Rugby. Archiviata a furor di popolo l’infelice proposta di uno sponsor degli All Blacks di invitare i supporter della squadra nazionale ad astenersi dal sesso come “fioretto” per conquistare l’agognato trofeo, la parola “S” è tornata prepotentemente a far discutere e a dividere la pubblica opinione. Sotto accusa, questa volta una provocatoria parata annunciata per il giorno di una partita clou del torneo, quella tra la squadra neozelandese e la fortissima Francia. A organizzare il corteo, la CVC Group Ltd. società del cosiddetto “Re del Porno” Steve Crow che gestisce con il marchio NZX una serie di attività nel fiorente mercato della pornografia legale (un sito web, un settimanale, un mensile, un’agenzia di escort e “presto anche un’agenzia per cuori solitari”) e uno dei principali sponsor di Erotica Lifestyle Expo, la maggiore fiera annuale dell’erotismo della Nuova Zelanda. Il nome della parata (un evento che si tiene dal 2003 in tutte le principali città) è “Boobs on Bikes” - letteralmente, “Tette sulle motociclette”: decine di procaci ragazze in topless che attraversano il centro cittadino trasportate da rombanti moto di grossa cilindrata, con distribuzione di materiale “informativo” e commerciale. L’evento, nato 8 anni fa per protesta contro l’arresto di due ragazze in topless, ha assunto sempre più chiari obiettivi promozionali, ma non è mai stato veramente ostacolato dalla Polizia che finora ha permesso lo svolgimento di ben 17 parate, in varie città. Un’interpretazione liberale delle leggi sulla decenza rende, secondo le forze dell’ordine, l’esibizione di un paio di seni non particolarmente offensiva, “se non accompagnata da atteggiamenti provocatori e lascivi”. Negli ultimi tempi, però, le polemiche contro “Boobs on Bikes” sono cresciute, dando vita a un movimento di contestazione che vede unite, cosa abbastanza rara, organizzazioni femministe - contrarie alla commercializzazione del corpo della donna - e associazioni cristiane a difesa della morale e, appunto, della decenza. Un’opposizione decisa che, dopo petizioni e proteste pacifiche, quest’anno minacciava di “passare all’azione” contro gli organizzatori, i centauri e le malcapitate pornostar, in occasione della parata nella città settentrionale di Tauranga. Convocati in fretta e furia per prevenire il degenerare dell’evento, dopo qualche discussione i consiglieri comunali del grosso centro del Nord hanno ufficialmente negato il permesso, citando la mancanza di un “piano stradale” e “questioni di sicurezza pubblica”. L’edizione del 2011 a Tauranga è così saltata (quella di Auckland si era invece svolta regolarmente), ma gli organizzatori di “Boobs on Bikes”, forti anche dell’inevitabile pubblicità data dai media al divieto, hanno subito rilanciato la loro provocazione, convocando un’edizione speciale della parata nel centro di Auckland, chiamata “Rugby World Cup Boobs On Bikes”, fissata per il 24 settembre, data appunto della partita All Blacks-Francia che sicuramente renderà la capitale affollatissima di tifosi nazionali ed esteri. Sul sito della parata un appello: “Cerchiamo 20 motociclisti e 20 ‘lovely ladies’ volontarie che si facciano dipingere sul corpo i colori delle 20 squadre della Coppa del Mondo”. A seguire, un elenco di raccomandazioni alle ragazze: “Per favore, non fate nulla che possa essere definito come esplicitamente ‘titillante’ sessualmente. Non agitate i seni o altro. Ricordate che la Polizia sarà presente per mantenere l’ordine pubblico e quindi non fate niente che possa provocare una reazione”. Furiose le proteste di “Family First NZ”, associazione per la difesa della morale e della famiglia: “La maggior parte dei neozelandesi sa che è indecente e inappropriato andare in giro in topless. La Polizia non vuole impedirlo e facendo questo ignora non solo la legge, ma anche la volontà della comunità", ha dichiarato alla stampa il direttore nazionale Bob McCoskrie. "Le autorità dimostrano così apertamente di non dare priorità alla protezione dei bambini e delle famiglie che saranno presenti nel centro di Auckland per festeggiare la Coppa del Mondo.”

Voglio sposare un milionario!

ASIA - La crisi finanziaria mondiale ha toccato anche i milionari (in dollari) dell’Asia. Ma i super-ricchi di queste parti sembra abbiano “sofferto” decisamente meno dei loro colleghi occidentali. La corsa all’oro del continente, in tumultuoso sviluppo, non si è infatti fermata e le economie locali continuano imperterrite nei loro trend sempre positivi, almeno per i super-ricchi. Lo testimonia un recente studio del Julius Baer Group secondo il quale la zona Asia-Pacifico ha già superato per numero di milionari l’Europa e sta avvicinandosi velocemente al Nord America. In testa, come sorprendersi, la Cina comunista, che nel 2015 raddoppierà il numero dei suoi ricconi, passando da 1,4 a 2,8 milioni “paperoni”. In forte crescita anche i ricchissimi di India, Corea del Sud e Indonesia, tra le nazioni più importanti. Il rovescio della medaglia, per questi milionari (manager di alto livello, capitani d’industria e altri, arricchitisi in modi meno leciti), è il poco tempo che riescono a riservare all’Amore e alla famiglia. In un continente dove la ricchezza è tradizionalmente considerata una virtù, fanno dunque sempre notizia le pene d’amore dei ricchi, i retroscena dei loro matrimoni e le disavventure di alcuni di loro (moltissime ormai anche le donne). Ne sanno qualcosa la 49enne anonima milionaria coreana di Gyeonggi ricorsa ai servigi dell’agenzia per cuori solitari Sunwoo, e finita per settimane sui giornali per un’ondata di offerte ricevute da maschi di tutto il Paese. E il milionario 80enne australiano rivoltosi all’agenzia di Seoul UVIS Club per trovare una moglie asiatica, offrendo 1 miliardo di won (660 mila euro) in contanti alla candidata prescelta (2 mila risposte nel giro di pochi giorni). O, ancora, l’attricetta taiwanese Barbie Hsu, chiacchieratissima per avere fatto di tutto per sposare il milionario cinese Wang Xiao Fei. O, infine, la più nota Wendi Deng (vero nome Deng Wenge, cioè "Rivoluzione Culturale Deng”), moglie cinese del tycoon Rupert Murdoch, la cui scalata alla ricchezza (per meriti intellettuali - ha un MBA conquistato negli USA - ma anche per una certa disinvoltura nello scegliersi sempre mariti più vecchi e più ricchi) le ha procurato parecchia cattiva stampa ma anche molta ammirazione tra le giovani cinesi che ormai la considerano apertamente un modello da imitare. E proprio conquistare la ricchezza via matrimonio con un uomo o una donna più ricchi, sembra il nuovo trend che affascina molte giovani donne (e non pochi ragazzi) asiatici, tutti presi dalle vite dei VIP e plasmati da trasmissioni di successo come la fiction coreana ad episodi “Sposare un milionario”, ispirata agli omonimi film e telefilm americani. Giovani di bella presenza e poco idealismo, come quelli intervistati in una inchiesta della singaporese RazorTV, che non hanno fatto mistero di preferire un bel matrimonio alla fatica di dover scalare la gerarchia della propria azienda e conquistarsi col lavoro uno stipendio da super-dirigente. Ambizioni di ricchezza che hanno indotto, recentemente, la troppo compassata agenzia cinese “Centro per l’Educazione Morale delle Donne”, a cambiare radicalmente la propria strategia di marketing lanciando un nuovo programma con l’inequivocabile slogan “Vuoi sposare un uomo ricco?”. Un corso per signorine, già relativamente facoltose (le 30 ore di lezione costano 20 mila yuan, 2.200 euro), che vogliono imparare “tecniche” per rendersi più appetibili ad un possibile ricco marito. Materie classiche, portamento, conversazione, makeup e scelta del vestiario, ma anche più moderne, come body language e psicologia applicata all’individuazione di un possibile mentitore tra i presunti milionari, per eliminare fin dal primo appuntamento ogni possibile candidato inadatto: cioè i poveri, che intendono solo portarsi a letto la ragazza, o i bravi giovanotti dalle finanze modeste e "semplicemente" innamorati.